lunedì 23 aprile 2012

Interfacce, questione di convergenze e divergenze [1/3]

Riporto oggi la prima parte di un articolo pubblicato stamane su Punto-Informatico. Nei giorni a seguire le restanti parti.

Nell'estate del 2009 descrivevo i possibili sviluppi delle interfacce uomo-computer, considerando anche le possibili evoluzioni dell'hardware. La strada intravista in quell'occasione cominciò a diventare più evidente l'anno successivo, quando Apple introdusse il Magic Tackpad: si trattava di un modo come un altro per portare sul Mac tutte quelle gesture diventate di uso comune sugli schermi touch di smartphone e tablet.

Ho già avuto modo di raccontare come un approccio semplificato all'informatica possa essere più che sufficiente per molti utenti consumer (o anche per alcuni utenti professionali, in determinati ambiti o per utilizzi specifici) e la nuova generazione di tablet, che si tratti di iPad o di un qualsiasi tablet Android, ha segnato l'inizio di quella che molti chiamano "l'era Post-PC", definizione che per il momento non mi sento di condividere completamente: è vero che il tablet può sostituire il PC in alcune situazioni (anche completamente per alcuni utenti) ma, non potendolo rimpiazzare in tutto e per tutto, per il momento resta ancora un dispositivo che affianca il normale computer. L'era Post-PC non è ancora arrivata.

Detto questo non possiamo dimenticare che, nel solo 2011, Apple ha venduto più dispositivi iOS di quanti Mac abbia mai venduto in tutta la sua storia; anche guardando all'ultimo trimestre fiscale non è difficile notare come, pur tralasciando iPod Touch (le cui cifre di vendita non sono certo esigue ma quantificabili tra i 15 e i 20 milioni di unità) sommando le vendite di iPhone e iPad si ottiene un numero che è 10 volte quello dei Mac. A fronte di questi numeri non dovrebbe sorprendere più di tanto il fatto che Apple punti, almeno in parte, a ricreare sul Mac la stessa esperienza d'uso che gli utenti già conoscono tramite iOS: per Apple non si tratta solo di sperimentare nuove forme di interazione tra l'utente e il computer, ma anche di un modo per conquistare nuovi utenti nel settore desktop, conquistarli offrendo loro un'ambiente già noto e una metodologia d'uso col quale hanno già dimestichezza.

La convergenza delle interfacce non è certo una prerogativa di Apple, ma ognuno la affronta in modi diverso: di seguito andremo ad esaminare come si stanno muovendo i tre principali attori del settore computer e mobile, ovvero Microsoft, Apple e Google. L'analisi partirà da Apple perché temporalmente è quella che ha iniziato per prima questo processo e perché, guardando a quello che possiamo trovare ora sul mercato, è quella che (con i suoi pro e contro) ha fatto più passi in questi direzione e offre maggiori spunti di discussione.

Al di là del lancio del Magic Trackpad di cui abbiamo parlato sopra, l'arrivo del Mac App Store a inizio 2011 (omologo dell'iTunes App Store per iOS), e l'uscita di Lion nell'estate dello stesso anno, hanno segnato l'inizio vero e proprio alla convergenza: Apple ha unificato l'aspetto grafico di alcune applicazioni (in particolare agenda e rubrica, che in Lion sono esteticamente identiche alla controparte su iPad), ha portato sul Mac il concetto di applicazioni a pieno schermo (concetto un po' diverso da quello di una finestra a pieno schermo, visto che presuppone anche un adattamento dell'interfaccia), ha implementato le gesture per scorrere gli spazi di lavoro (così come su iPad si scorrono le applicazioni aperte in multitasking), e ha migrato da iOS intere applicazioni come Facetime e Launchpad (una sorta di layer per avviare le applicazioni in stile iOS, che a mio avviso andrebbe rivisto per offrire qualche possibilità in più di personalizzazione).

L'annuncio di Mountain Lion non ha fatto che rafforzare le similitudini con iOS: nella prossima versione del sistema operativo per Mac, Apple aggiungerà applicazioni come "note" e "promemoria" (sincronizzabili attraverso iCloud), rimpiazzerà iChat con un'applicazione in grado di scambiare messaggi con iOS, e porterà anche su Mac il centro notifiche. Tra le altre novità derivate da questo processo di convergenza, non mancano quelle soggette a critiche più meno feroci, in particolare Gatekeeper: una sorta di "centro di controllo" in grado di verificare la provenienza delle applicazioni e il relativo certificato digitale che le associa in modo univoco allo sviluppatore. Secondo alcuni l'integrazione di questo sistema di controllo prelude ad un futuro in cui si potranno installare solo applicazioni provenienti dal Mac App Store, come a sigillare una transizione definitiva di OSX verso iOS (dove da sempre, jailbreak a parte, si possono installare solo applicazioni provenienti da iTunes App Store). Nonostante le polemiche, dalle preferenze di Mountain Lion sarà possibile decidere se installare software proveniente solo del Mac App Store, applicazioni di altra provenienza ma comunque certificate, oppure qualsiasi tipo di applicazione: per il momento non c'è quindi alcuna forzatura in tal senso.

Al di là di questo, è evidente che l'attuale processo di convergenza messo in atto da Apple veda più OSX avvicinarsi a iOS che non il viceversa, una tendenza spiegata sia da questioni numeriche dei dispositivi venduti (come visto sopra) sia dal fatto che iOS offra un maggior ventaglio di novità rispetto alla classica metafora del desktop che è nata quasi trent'anni fa. Dietro il vantaggio di un'uniformità di interazione con i diversi tipi di dispositivi si nascondono anche alcuni difetti: prima di tutto, per poter sfruttare al meglio l'interazione tramite gesture è indispensabile utilizzare un trackpad, che sia quello integrato nei portatili oppure il Magic Trackpad da affiancare alla tastiera; una possibile alternativa è rappresentata dal Magic Mouse ma in questo caso le possibilità di interazione sono più limitate (e anche più scomode).

Utilizzando un mouse normale si rinuncia alla gesture, e per chi vuole affiancare un mouse ad un trackpad (situazione più che comune quando è richiesta la precisione che solo un mouse può dare) lo spazio sulla scrivania aumenta: forse non è un caso che Apple, da un po' di tempo a questa parte, proponga tastiere senza tastierino numerico. Questioni hardware a parte, l'attuale versione di OSX mostra alcune disuniformità di interfaccia legate al momento di transizione: l'obiettivo è quello di trarre vantaggio dall'utilizzo delle applicazioni a pieno schermo, ma questo presuppone un lavoro di adeguamento dell'interfaccia da parte degli sviluppatori, e comunque per alcune applicazioni potrebbe non aver senso lavorare a tutto schermo (la stessa rubrica indirizzi di Apple non prevede questa possibilità). Non mancano inoltre diverse critiche ad alcune funzionalità modificate o rimosse, come il salvataggio automatico delle diverse versioni di ogni documento (accompagnato dalla sparizione del "Salva con nome...") o l'eliminazione delle frecce per lo scrolling dei documenti (inutili se si utilizzano le gesture di scrolling dinamico, ma potenzialmente utili per chi utilizza un mouse "normale").

L'idea di Apple è presumibilmente quella di semplificare l'interazione, come avviene con iOS, ma davanti ad un computer si lavora in modo un po' diverso e alcune differenze devono necessariamente rimanere: chissà se con Mountain Lion riusciranno ad aggiustare un po' il tiro, procedendo nella convergenza, ma lasciando il giusto spazio di azione anche alle caratteristiche più specifiche di OSX.

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